Trattamento penitenziario e rieducativo
Il trattamento penitenziario oltre la funzione sanzionatoria della pena
Ordinamento Penitenziario e norme per la riabilitazione del reo
L’attuale disciplina giuridica per l’organizzazione degli istituti di reclusione e per il trattamento dei detenuti è contenuta all’interno dell’Ordinamento Penitenziario. Tale codice vede la luce con la legge del 26 luglio 1975 n. 354, ma porta con sé i principi espressi fin dai giuristi illuministi e più volte raffinati dalle carte internazionali sui diritti dei detenuti. Il testo include, dunque, i valori su cui deve poggiare l’istituzione penitenziaria tanto quanto gli aspetti pratici per la gestione dei detenuti e delle strutture.
La preminenza del trattamento rieducativo nelle carceri
Nell’Ordinamento Penitenziario è evidente la tensione fra la funzione sanzionatoria della pena e l’esigenza di adempiere agli obblighi rieducativi del detenuto. Più nello specifico, il testo chiarisce che l’insieme di pratiche che regolano la vita all’interno dei distretti penitenziari devono necessariamente avere l’obiettivo di restituire alla società un soggetto capace di integrarsi e di evitare comportamenti deviati. Va da sé, dunque, che il principio rieducativo assume una preminenza di non poco conto durante il periodo di detenzione.
La detenzione, i valori di dignità umana e l’individualizzazione della pena
I valori sui cui poggia il trattamento detentivo
Alla base del trattamento penitenziario stanno, dunque, una serie di valori che si presume siano identici a quelli della società (ovviamente, fatta eccezione per la restrizione coatta della libertà di movimento). Sopra ogni altro principio sta l’imperativo secondo cui le pratiche devono conformarsi all’umanità del condannato e devono assicurare il rispetto della dignità della persona. Da qui, l’imparzialità del trattamento e il dovere di mantenere una condotta non discriminatoria rispetto a condizioni socioeconomiche, credenze politiche e religiose, nazionalità e colore della pelle.
L’individualizzazione del trattamento detentivo
Altrettanto importante è il focus sull’individuo. Precisamente, l’intero periodo di detenzione deve essere seguito dalle autorità competenti in modo da individualizzare il trattamento in accordo con le condizioni specifiche del detenuto. Dall’attenzione ai bisogni della personalità fino ai programmi di trattamento, dalla modulazione della pena in accordo con gli sviluppi nel processo di reinserimento fino al semplice fatto di rivolgersi al detenuto con il suo nome e cognome: tutte le misure adottate devono conservare l’identità della persona.
Il trattamento a fini rieducativi: le modalità e il target
Disciplina carceraria e attività pedagogiche
Come già espresso nei paragrafi introduttivi, gli aspetti rieducativi dovrebbero avere una netta preminenza durante il periodo detentivo. Lo scopo del trattamento è, dunque, quello di correggere l’antisocialità e di adeguare il comportamento del soggetto alle regole giuridiche. Un primo intervento di base in questo senso viene dalla stessa disciplina carceraria che accomuna tutti i detenuti. A questa, possono far seguito una serie di attività pedagogiche mirate all’interno o all’esterno del carcere (in regime di semilibertà).
I requisiti per il trattamento rieducativo
Tutti i programmi tesi alla riabilitazione possono essere applicati solo ai condannati e agli internati. Non possono, invece, accedervi gli imputati in attesa di giudizio dal momento che, data la presunzione di innocenza, non necessitano di un percorso teso a rieducarne i comportamenti. L’accesso ai benefici rieducativi è precluso, inoltre, a specifiche categorie di condannati e internati. Fra queste: agli autori di delitti di particolare allarme sociale; i delinquenti abituali, professionali o per tendenza; i detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare. Inoltre, il trattamento rieducativo in regime di semilibertà non viene concesso o viene sospeso quando vi sia la concreta possibilità che il soggetto fugga o possa commettere altri delitti.