Riforma Cartabia: le modifiche apportate al Codice Penale
La Riforma Cartabia rappresenta, senza ombra di dubbio, uno degli interventi di aggiornamento del sistema giuridico italiano più incisivi degli ultimi anni.
La riforma, approvata nel 2021, porta il nome della sua promotrice, l’ex Ministro della Giustizia Marta Cartabia, e ha apportato diverse modifiche al Codice Penale italiano.
In questo articolo riassumiamo alcune delle principali modifiche del Codice Penale, riservandoci la possibilità di approfondire in seguito altri aspetti. La riforma, infatti, è piuttosto complessa e ramificata.
Segnaliamo i decreti attuativi della riforma:
Il diritto all’oblio
La riforma rende incisiva una disposizione sancita già nell’art. 17 del GDPR, che contempla il diritto alla cancellazione dei dati in talune circostanze.
L’articolo prevede che l’interessato possa richiedere al Titolare del Trattamento la cancellazione di tutti quei dati non più necessari rispetto allo scopo per cui sono stati diffusi, se ne revoca il consenso.
La riforma Cartabia, in particolare, prevede che in caso di sentenza di assoluzione, decreto di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere, questi costituiscano titolo perché l’interessato possa richiedere che i dati relativi alla vicenda giudiziaria vengano deindicizzati dalla rete.
Pene brevi: le misure alternative alla detenzione
La riforma Cartabia ha introdotto la possibilità di applicare pene sostitutive in caso di condanna a pene detentive brevi.
Lo scopo è quello di alleggerire il sistema carcerario, per il quale una pena detentiva breve rappresenta un costo sociale e individuale superiore rispetto ai possibili effetti riabilitativi del condannato, e considerando che una pena da “scontare” nella società libera favorisce la socializzazione e integrazione del condannato.
Le pene sostitutive sono:
- Semilibertà sostitutiva: con obbligo di trascorrere almeno 8 ore al giorno in un istituto di pena, e di svolgere, nel tempo che rimane, attività di lavoro, studio o formazione professionale o altre attività utili al reinserimento sociale.
- Detenzione domiciliare: il detenuto è obbligato a rimanere nella propria abitazione o altro luogo di privata dimora o cura (comunità, case famiglia ecc.) per almeno 12 ore al giorno.
- Lavoro di pubblica utilità: il condannato è tenuto a svolgere un lavoro di pubblica utilità non retribuito per almeno 6 e massimo 15 ore alla settimana, presso organismi pubblici, enti oppure organizzazioni di volontariato, compatibilmente con il lavoro, lo studio o a esigenze di famiglia o di salute. 2 ore giornaliere di lavoro corrispondono a un giorno di pena detentiva.
- Pena pecuniaria.
Per ciascuna pena sostituiva sono contemplati criteri di accesso differenti, commisurati al tipo di reato e alla pena detentiva potenzialmente applicabile.
La procedura di applicazione delle misure sostitutive alla detenzione
La riforma ha introdotto pene alternative alla detenzione applicabili in talune circostanze, in particolare in relazione alla durata della pena detentiva comminata.
A livello procedurale, l’applicazione delle pene sostitutive fa capo al giudice di primo grado che, dopo la sentenza di condanna o di applicazione della pena, su richiesta può sostituire la pena con le nuove pene alternative in base a determinati parametri.
In particolare è possibile applicare:
- la semilibertà o la detenzione domiciliare qualora la pena detentiva non superi i 4 anni
- il lavoro di pubblica utilità in caso di pena detentiva fino a 3 anni
- la pena pecuniaria in caso di pena detentiva non superiore a 1 anno
L’entità della pena pecuniaria viene stabilita in base all’art. 56 quater L.689/81.